Così come proposto dal decreto dell’Economia del 23 gennaio, lo split payment è inevitabilmente destinato a creare difficoltà anche sotto il profilo contabile. In linea di principio, sono due le modalità di registrazione delle fatture oggetto di split relative ad acquisti istituzionali:
1) un impegno, cui fanno seguito due mandati – il primo relativo al fornitore, il secondo all’Erario – ognuno con la propria scadenza di versamento;
2) emissione di un unico mandato per il totale, la cui quota-parte relativa all’Iva viene vincolata a una contestuale reversale contabilizzata in partite di giro, tra i servizi conto terzi; all’atto del pagamento questa reversale trova poi la propria contropartita nell’emissione di un mandato (registrato anch’esso tra servizi conto terzi) per il riversamento dell’Iva.
Nei fatti, la generalità degli enti pubblici ha adottato la seconda soluzione, mentre le successive indicazioni della piattaforma per la certificazione dei crediti sono purtroppo risultate più vicine alla prima. Secondo il comunicato stampa pubblicato il 13 febbraio scorso, occorre in effetti operare una distinzione tra il corrispettivo spettante al fornitore (da riportare in piattaforma nei modi consueti) e l’importo dell’Iva, che va contabilizzata in piattaforma ponendola nello stato «sospeso».
Una simile discrasia renderebbe necessari nuovi adeguamenti informatici (con relativo aggravio di costi), che tuttavia avrebbero vita assai breve, dal momento che – a seguito dell’avvento della fattura elettronica – fra un mese l’aggiornamento della piattaforma avverrà direttamente ad opera del sistema di interscambio. Per fortuna, ad oggi la piattaforma accetta caricamenti di fatture non allineati alle indicazioni fornite dal suo comunicato stampa.
Più difficile – anche perché più nuova – risulta la contabilizzazione delle fatture da splittare, e destinate alle attività commerciali. In questo contesto non pare possibile il ricorso alle partite di giro: una volta annotato l’impegno di spesa (inevitabilmente al lordo dell’Iva, in ossequio ai nuovi principi di contabilità finanziaria), occorre accertare un’entrata corrente pari all’Iva non versata al fornitore. Seguono, a questo punto, due mandati, il primo al fornitore per l’importo fatturato al netto dell’Iva, il secondo – pari all’Iva non versata – a quietanza della reversale emessa a fronte dell’accertamento di pari importo.
Eventuali versamenti di saldi Iva a debito saranno inoltre preceduti da ulteriori impegni di spesa.
A livello operativo, questi due diversi inquadramenti contabili complicano notevolmente il lavoro degli uffici, che dovranno distinguere le fatture a seconda della loro destinazione, prima di tutto ai fini della contabilità finanziaria. Se si considerano i tempi ristrettissimi a disposizione per l’aggiornamento della contabilità, l’impresa appare davvero proibitiva, soprattutto nei casi in cui – vuoi per l’insufficiente descrizione degli acquisti riportata sulle fatture, vuoi per la mancanza di informazioni da parte degli uffici preposti alla liquidazione – gli addetti al caricamento delle fatture in contabilità finanziaria non conoscono l’effettiva destinazione degli acquisti stessi.
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