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"Risorse dallo Stato ai Comuni? Ora avviene il contrario"
Con comunicato del 10/11/2016 l’ANCI Toscana rende noto i contenuti della V Conferenza Ifel-Anci precisando che a partire dal 2015 i Comuni vivono un paradosso: non solo non ricevono trasferimenti, ma contribuiscono direttamente alle entrate dello Stato

Con comunicato del 10/11/2016 l’ANCI Toscana rende noto i contenuti della V Conferenza Ifel-Anci precisando quanto segue:

Altro che trasferimenti statali. A partire dal 2015 i Comuni vivono un paradosso: non solo non ricevono trasferimenti, ma contribuiscono direttamente alle entrate dello Stato “per complessivi 628 milioni: se dunque nel 2010 i trasferimenti statali verso i Comuni ammontavano a circa 10 miliardi, oggi il saldo è diventato negativo: sono i Comuni a fare ‘trasferimenti’ allo Stato”. E’ uno dei principali dati enunciati dal responsabile della finanza locale di Ifel, Andrea Ferri, nel corso della V conferenza sulla finanza e l’economia locale stamani a Roma.

Nella sua articolata panoramica sulle opportunità e le criticità dell’attuale quadro di finanza locale, Ferri invita a considerare come leit-motiv il fatto che “i 13 miliardi di tagli subiti dai Comuni fino al 2015 costituiscono ancora ferite aperte”. Senza contare che “le regole sulla nuova contabilità costituiscono comunque ulteriori contributi in termini di stretta degli accantonamenti sulla spesa, prevalentemente sulla spesa corrente: 2,5 miliardi nel 2015 e diverse centinaia di milioni fino al 2019”.

Ancora nel 2015, per esempio, il saldo dei Comuni al contributo per il risanamento dell’Economia era positivo: 1,5 miliardi, ovvero il 2,3% in più delle entrate complessive dei Comuni. E il tutto a fronte di un deficit dello Stato di 48,4 miliardi l’11,3% in meno delle sue entrate totali: “Non si può chiedere all’asino – chiosa Ferri – uno sforzo che supera le sue stesse capacità biologiche”.

Sul fronte della spesa corrente, poi, il 2017 sta per aprirsi con un dato che mostra la diminuzione del 4,1% tra il 2010 e il 2015, con la spesa per il personale che scende in picchiata del 13,5% (circa 2,2 miliardi), mentre nel resto della Pa scende solo del 6%: “Si corre un rischio serio – afferma Ferri – di depauperamento dell’amministrazione locale e dei servizi. Quando parliamo di revisione del turn over, parliamo dell’esigenza di ricostituire il patrimonio operativo minimo ed essenziale per l’amministrazione locale. Per questo – sostiene ancora Ferri – la sfida dell’autonomia comunale riguarda tutti, non solo il sindaco a cui manca il tecnico o quello che pur avendo fatto un’amministrazione virtuosa adesso si ritrova pesantemente penalizzato”.

La situazione, certo, sta cambiando. E Per molti versi in modo positivo, a partire dal “consolidamento strutturale del nuovo saldo di competenza, comprensivo del fondo pluriennale vincolato. Abbiamo così – spiega Ferri – la possibilità di agire in maniera più autonoma all’interno della regola di pareggio di bilancio”. Sugli investimenti poi, “già nel 2015 si assiste a una ripresa del 16% in termini di cassa (pagamenti), soprattutto al Sud e alla chiusura del ciclo di rendicontazione dei fondi comunitari 2007-2013. In termini di competenza (impegni in conto capitale) l’aumento è del 13%, così come registriamo la tendenza a un ulteriore aumento, superiore al 10%, nel 2016. Se a questo si aggiungono l’assenza ulteriori tagli, il superamento del Patto di stabilità e la revisione del principio di pareggio di bilancio, è innegabile la presenza di buoni segnali per il futuro.

“Ma pesano ancora e soprattutto – aggiunge Ferri – la negazione dell’autonomia finanziaria dei Comuni con il blocco della leva fiscale, la mancata assegnazione di regolazioni pregresse e l’eccessivo peso del debito, dovuto a tassi ‘fuori mercato’ applicati ai Comuni”.

Il blocco della leva fiscale sull’imposizione immobiliare, in particolare, “risulta difficile da capire a fronte del fatto che parliamo di una quota che vale solo l’1,8 del Pil nazionale, e dalla quale sono escluse le parti più sensibili: agricoltura, prima casa, imbullonati”.

Cosa occorre dunque: “Sostenere la crescita degli investimenti, applicando da subito il nuovo sistema premiale e sanzionatorio; lo sblocco della leva fiscale e la semplificazione: unifichiamo Imu e Tasi – conclude Ferri – e daremo meno lavoro a avvocati, interpreti e giudici tributari”.

 


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