MAGGIOLI EDITORE - Bilancio e contabilità


Partecipate con bonus dismissioni
Legge di stabilità. Le ipotesi allo studio per ridurre le società da 8mila a mille

<p>Nel cantiere della legge di stabilit&agrave; trovano spazio anche gli incentivi per le dismissioni e le quotazioni delle societ&agrave; partecipate.</p>
<p>Sui tavoli della manovra si sta infatti lavorando per tradurre in norme gli spunti del piano Cottarelli, che dopo il fallimento della cura a suon di obblighi di vendita ha indicato la via dei “premi” per chi dismette quote oppure d&agrave; vita ad aggregazioni per creare realt&agrave; pi&ugrave; grandi di quelle attuali. Le regole in elaborazione riprendono e ampliano il pacchetto comparso nelle prime versioni del decreto “Sblocca Italia”, e poi uscito dal testo definitivo, ma gli aggiornamenti sono parecchi.</p>
<p>Il tema chiave &egrave; proprio quello degli incentivi. L’idea delle prime bozze &egrave; di escludere dai vincoli del Patto di stabilit&agrave; le spese in conto capitale finanziate dalla dismissione totale o parziale (anche per quotazione) di societ&agrave; attive nei servizi pubblici locali a rilevanza economica, purch&eacute; queste spese non servano ad acquisire altre partecipazioni. Molto, per&ograve;, dipende dalla riforma pi&ugrave; complessiva del Patto di stabilit&agrave;. La manovra dovrebbe avviare il “superamento” del Patto tradizionale, grazie all’avvio della riforma della contabilit&agrave; e al l’anticipo almeno parziale degli obblighi di pareggio del bilancio (si veda Il Sole 24 Ore del 3 ottobre). Le ipotesi per ora parlano della “liberazione” di un miliardo di euro per gli investimenti, ma l’obiettivo &egrave; di mandare in pensione il Patto attuale nel giro di un paio d’anni. In quest’ottica, quindi, potrebbe essere pi&ugrave; efficace trovare qualche forma di esclusione dei proventi dai saldi costituzionali o dai vincoli dell’armonizzazione, invece che da un Patto in via di estinzione.</p>
<p>Resta da capire, per&ograve;, quali spazi ci possano essere per introdurre deroghe a una riforma, quella del pareggio di bilancio, che deve ancora partire. Per far partire davvero alleanze e fusioni, inoltre, potrebbe rivelarsi importante intervenire anche sul piano fiscale, per evitare di penalizzare sul piano impositivo operazioni nate con l’obiettivo di migliorare l’efficienza del sistema e dare anche una mano alla finanza pubblica. Il terreno pi&ugrave; delicato, da questo punto di vista, &egrave; quello dell’Iva, e delle possibili obiezioni europee a regole che possano sforare nell’aiuto di Stato.</p>
<p>L’altro versante di intervento a cui lavorano i tecnici in vista della legge di stabilit&agrave; &egrave; quello del l’aggregazione di gestioni e affidamenti. Al riguardo, si punta su un nuovo rafforzamento degli Ambiti ottimali, previsti ormai da tre anni e mezzo (li disciplina l’articolo 3-bis del Dl 138/2011) ma ancora non decollati. Per rilanciarli si prova a rinforzare l’articolo 3-bis fissando un nuovo termine di 60 giorni per l’adesione da parte degli enti, dopo di che scatterebbe una diffida ad adempiere in altri 30 giorni e poi il potere sostitutivo da parte della Regione. Gli Ato potrebbero inoltre avere un accesso preferenziale ai fondi europei per progetti infrastrutturali. Un ultimo fronte &egrave; quello della lotta agli affidamenti diretti, che potrebbe tradursi in un nuovo obbligo di accantonamento di risorse da parte degli enti locali: in pratica, si tratterebbe di creare un fondo per una somma pari all’impegno finanziario corrispondente al capitale proprio previsto per il triennio.</p>


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