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Condoni deludenti sul danno erariale
In sei anni incassati 44 milioni a fronte di condanne per 2 miliardi (escluse le slot machine)

Sei anni di condoni, sconti e sanatorie sul danno erariale hanno fruttato solo 44 milioni. Nello stesso periodo la Corte dei conti ha inflitto condanne in primo grado per 2,12 miliardi di euro. In tutto le richieste di condono sono state 459, 276 quelle accolte. È confortante solo per chi vi ha aderito il bilancio delle due sanatorie per le condanne da danno erariale. Con la «definizione agevolata» (in gergo tecnico) varata nel 2005 ed estesa nel 2012, infatti, lo Stato dal 2008 al 2013 ha racimolato briciole, pari ad appena il 2% dei danni nel complesso accertati alle casse pubbliche.
L’amaro bilancio si ricava dalla relazione 2013 del procuratore generale della Corte, Salvatore Nottola.

Le slot machine

Poco cambia se a questi numeri si aggiunge il pur importante, ma episodico, risultato della sanatoria per la maxi-sentenza delle slot machine, la vera molla che ha portato al condono bis: sei concessionari su dieci hanno preferito pagare 349 milioni (utilizzati a parziale copertura della cancellazione dell’Imu) piuttosto che sperare in una riduzione in appello della condanna da 1,16 miliardi (sui 2,70 totali).

In effetti, se si conteggia questo introito gli incassi da condono salgono a 394 milioni, ma in parallelo aumentano anche le condanne, che arrivano a 4,5 miliardi. Con il risultato che il rapporto tra sanatorie e danni riconosciuti in primo grado resta comunque alla pur sempre esigua percentuale dell’8,6 per cento.

È ovvio che gli incassi da condono dal 2008 al 2013 sono riferiti anche – e soprattutto – a sentenze risalenti ad altri periodi e quindi non immediatamente sovrapponibili con le condanne dello stesso periodo. Ma il confronto tra i due mondi separati è utile per capire, da un lato, lo sforzo di uomini e mezzi attuato dai giudici contabili e, dall’altro, i (magri) risultati concreti degli incassi da condono.

Lo riconosce anche il procuratore nella sua Relazione, tracciando il bilancio della sanatoria 2013: «In questa occasione – si legge – come per il condono vigente di cui alla legge 266/2005 non sussistevano ragioni di convenienza per l’Erario a un rientro immediato, seppur parziale, del credito vantato». Al contrario, per Nottola c’erano «validi motivi per la prosecuzione del giudizio di appello fino al suo esito e per un risarcimento integrale». La vera molla, quindi, non è stata quella, dichiarata nelle due leggi, di chiudere in fretta i tanti giudizi di responsabilità pendenti, quanto – per dirla sempre con le parole del procuratore – «l’urgenza finanziaria». La cassa, insomma, nella tradizione del «pochi, maledetti e subito» che accompagna ogni condono. E che deve aver spinto qualche parlamentare a riprovarci, proprio per attirare i concessionari di slot machine ancora refrattari. L’ultimo tentativo, il mese scorso, con un emendamento di riapertura della sanatoria erariale targato Ncd, non approvato, peraltro nel decreto Salva-Roma bis, poi comunque naufragato.

La sentenza 214/2012 sulle slot machine, relativa al mancato collegamento di alcune macchine alla rete dei Monopoli, ha “fruttato” il 30% dell’importo di condanna: 349 milioni, appunto, su 1,16 miliardi ammessi a sanatoria. Qualcosa in più dell’incasso medio da condono, che per i 10,5 milioni restanti nel 2013 si è attestato sul 26% della condanna. In linea con la legge che ammette un intervallo tra il 10 e il 30 per cento.

Le esecuzioni

Non va certo meglio quando si tenta di incassare tutto il “tesoretto” del danno erariale. Sempre al netto del caso “slot machine”, negli ultimi cinque anni, infatti, a fronte di 950 milioni di condanne le esecuzioni si sono fermate a quota 200 milioni (21%). Il recupero – che spetta all’amministrazione direttamente colpita – è lungo e complesso, soprattutto per gli enti locali. Prima si tenta in via diretta e spontanea e poi si passa all’iscrizione al ruolo e al recupero coattivo. L’inefficienza è segnalata anche dal Procuratore nella relazione: «Il meccanismo si rivela alquanto macchinoso, poiché caratterizzato da elevata discrezionalità di scelta della procedura da adottare, con l’effetto di consentire dilazioni e rinvii».


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