MAGGIOLI EDITORE - Bilancio e contabilità


La corruzione e la legge 190/2012. Priorità all’azione di prevenzione (parte 7)

Con comunicato del 06/02/2015 la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate rende noto che la legge 190/2012, tra le importanti modifiche introdotte alle disposizioni del Dlgs 165/2001 (Testo unico del rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pa), ne ha aumentato la valenza di strumento anticorruttivo, innovando radicalmente (comma 44) la natura del codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni: al Governo è stato affidato il compito di definirlo “al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico”.

 Il codice di comportamento dei dipendenti pubblici

Il codice ha innanzitutto una differenza formale, oltre che sostanziale, rispetto ai due precedenti codici, emanati con decreti del ministero della Funzione pubblica, rispettivamente del 31 marzo 1994 e del 28 novembre 2000: approvato con regolamento governativo, ai sensi dell’articolo 17 della legge 400/1988, su deliberazione del Consiglio dei ministri e proposta del ministro per la Pa, è così fonte normativa immediatamente cogente per i destinatari, i dipendenti pubblici e non solo (particolare elemento di innovatività è l’introdotto obbligo, per le Pa, di inserire in ogni atto di incarico o nei contratti di acquisizioni delle collaborazioni, delle consulenze o dei servizi, apposite disposizioni o clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal codice, dilatandone così la sfera soggettiva di applicazione).

In questo modo, in caso di trasgressione, esso dispiega diretta valenza disciplinare (la più severa sanzione prevista è quella del licenziamento) e non richiede a tal fine, come i precedenti codici, il recepimento in sede di accordo sindacale.

 Il codice, sottoscritto dal dipendente al momento della sua assunzione, risulta strumento in grado di sviluppare efficacemente la prevenzione della corruzione, definisce i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta, indicati nel comma 44, che i pubblici dipendenti sono tenuti a osservare. La violazione delle sue disposizioni costituisce non solo fonte di responsabilità disciplinare, in quanto restano ferme anche le altre forme di responsabilità (penale, civile, amministrativa, contabile, oltre che quella dirigenziale o da performance).

 Le previsioni del codice sono integrate e specificate dai codici di comportamento, adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell’articolo 54, comma 5, del Dlgs 165/2001, nel rispetto di criteri, linee guida e modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione definiti da Anac, previo parere obbligatorio dell’Organismo indipendente di valutazione e definiti con procedura aperta alla partecipazione.

I dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici etici e di disciplina vigilano sull’applicazione del codice e dei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni (articolo 15, comma 1, Dpr 62/2013, ai sensi dell’articolo 54, comma 6, del Dlgs 165/2001).

Il novellato articolo 54 prevede, inoltre, un’attività di formazione del personale e di verifica dell’adeguatezza dell’organizzazione per lo svolgimento dei procedimenti disciplinari.

 Il rafforzamento della disciplina su incompatibilità, cumulo d’impieghi e incarichi

I commi 42 e 43 inaspriscono significativamente la disciplina su incompatibilità, cumulo d’impieghi e incarichi (articolo 53 del Dlgs 165). Come noto, lo svolgimento di attività lavorative extraprofessionali, oltre a confliggere con il carattere di esclusività che connota il rapporto di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, rappresenta un elemento sintomatico di dazioni indebite, nell’ambito di accordi illeciti fondati sul sinallagmatico abuso della funzione pubblica. Vige quindi in via generale il divieto per le Pa di conferire ai dipendenti incarichi non compresi nei compiti e doveri di ufficio, salvo che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative o che non siano espressamente autorizzati.

Di seguito le principali modifiche:

L’articolo 35-bis del Dlgs 165/2001 (introdotto dal comma 46, sempre a fini di prevenzione della corruzione) prevede un regime speciale di incompatibilità nella formazione di commissioni e assegnazioni agli uffici. Colui che risulti condannato, anche non con sentenza passata in giudicato, per reati contro la Pa, non può:

La tutela del whistleblower

Con l’articolo 54-bis del Dlgs 165/2001, in adesione a convenzioni internazionali, fa ingresso anche nell’ordinamento interno la figura del whistleblower (è il dipendente che rileva una possibile frode che possa danneggiare soggetti portatori d’interesse e la denuncia. È uno strumento legale e può essere interno, esterno o non autorizzato. Il primo consiste nel denunciare all’interno dell’organizzazione, il secondo alle autorità esterne, il terzo ai media oppure a soggetti terzi, senza che la propria organizzazione lo autorizza).

Il dipendente pubblico che denuncia all’interno della propria amministrazione un illecito non può essere sanzionato disciplinarmente, licenziato o sottoposto a misure discriminatorie in ragione della denuncia (ad esempio, attraverso il “mobbing verticale”). L’adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dfp, per i provvedimenti di competenza, dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. L’identità del denunciante, i cui dati sono trattati in forma anonima salvo diversa volontà dello stesso alla divulgazione, risulta salvaguardata; essa, tuttavia, può essere rivelata nel caso in cui la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato e qualora la contestazione dell’addebito disciplinare sia basata, parzialmente o totalmente, sulla segnalazione. L’identità del denunciante, che comunque è passibile di responsabilità penale per calunnia o diffamazione ovvero civile per danno ingiusto (articolo 2043 cc), è altresì sottratta all’accesso ai sensi della legge 241/1990.

Dal 25 giugno 2014 anche Anac può essere destinataria di notizie e segnalazioni di illeciti nelle forme di cui all’articolo 54-bis.


https://www.bilancioecontabilita.it