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In approvazione il Decreto che proroga il blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti

In esame il decreto per la proroga del blocco degli stipendi dalla Pubblica Amministrazione mediante uno schema di regolamento che ha già avuto il parere preventivo del Consiglio di Stato n.1832/2013.

Lo schema di regolamento è adottato in attuazione di quanto previsto dall’articolo 16, comma 1, del D.L. 98/2011, che reca disposizioni volte al contenimento delle spese in materia di pubblico impiego. In particolare, la norma contiene una serie di interventi volti ad assicurare:

La norma (lettera e) prevedeva la possibilità che l’ambito applicativo delle disposizioni di contenimento delle spese, all’esito di apposite consultazioni con le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative del pubblico impiego, “sia differenziato, in ragione dell’esigenza di valorizzare ed incentivare l’efficienza di determinati settori“. Al riguardo si osserva che trattasi di una possibilità a cui il provvedimento in esame non ha dato seguito.

Il Governo è autorizzato, pertanto, ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 400/1988. L’articolo 17, comma 2, della legge 400/1988 stabilisce che, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro 30 giorni dalla richiesta, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l’esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.

CONTENUTI DEL DECRETO         

Il provvedimento è composto da un solo articolo suddiviso in tre commi.

L’articolo 1, comma 1, lettera a) dispone la proroga al 31 dicembre 2014 delle misure previste dall’articolo 9 del D.L. 78/2010 . In particolare prevede:

– il blocco dei trattamenti economici individuali (articolo 9, comma 1);

– la riduzione delle indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e l’individuazione del limite massimo per i trattamenti economici complessivi spettanti ai titolari di incarichi dirigenziali (articolo 9, comma 2).

In particolare, il testo della lettera a), tra gli interventi oggetto di proroga esclude espressamente la parte del comma 2 dell’articolo 9 del D.L. 78/2010 che contemplava la riduzione dei trattamenti economici complessivi dei pubblici dipendenti, del 5 per cento se superiori a 90.000 euro lordi annui, del 10 per cento se superiori a 150.000 euro, in quanto la Corte costituzionale, con sentenza 11 ottobre 2012, n. 223, ne ha dichiarato l’illegittimità. La Corte ha ritenuto, infatti, che la norma censurata, attraverso la previsione di una riduzione del trattamento economico, introducesse, in realtà, un prelievo tributario, in contrasto con quanto previsto dagli articoli 3 (principio di eguaglianza) e 53 (universalità dell’imposizione) della Costituzione .

La Corte ha così motivato la sua decisione: “L’introduzione di una imposta speciale, sia pure transitoria ed eccezionale, in relazione soltanto ai redditi di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione víola, infatti, il principio della parità di prelievo a parità di presupposto d’imposta economicamente rilevante. Tale violazione si manifesta sotto due diversi profili. Da un lato, a parità di reddito lavorativo, il prelievo è ingiustificatamente limitato ai soli dipendenti pubblici. D’altro lato, il legislatore, pur avendo richiesto (con l’articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011) il contributo di solidarietà (di indubbia natura tributaria) del 3% sui redditi annui superiori a 300.000,00 euro, al fine di reperire risorse per la stabilizzazione finanziaria, ha inopinatamente scelto di imporre ai soli dipendenti pubblici, per la medesima finalità, l’ulteriore speciale prelievo tributario oggetto di censura. Nel caso in esame, dunque, l’irragionevolezza non risiede nell’entità del prelievo denunciato, ma nella ingiustificata limitazione della platea dei soggetti passivi. La sostanziale identità di ratio dei differenti interventi “di solidarietà”, poi, prelude essa stessa ad un giudizio di irragionevolezza ed arbitrarietà del diverso trattamento riservato ai pubblici dipendenti, foriero peraltro di un risultato di bilancio che avrebbe potuto essere ben diverso e più favorevole per lo Stato, laddove il legislatore avesse rispettato i principi di eguaglianza dei cittadini e di solidarietà economica, anche modulando diversamente un “universale” intervento impositivo. L’eccezionalità della situazione economica che lo Stato deve affrontare è, infatti, suscettibile senza dubbio di consentire al legislatore anche il ricorso a strumenti eccezionali, nel difficile compito di contemperare il soddisfacimento degli interessi finanziari e di garantire i servizi e la protezione di cui tutti cittadini necessitano. Tuttavia, è compito dello Stato garantire, anche in queste condizioni, il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale, il quale, certo, non è indifferente alla realtà economica e finanziaria, ma con altrettanta certezza non può consentire deroghe al principio di uguaglianza, sul quale è fondato l’ordinamento costituzionale. In conclusione, il tributo imposto determina un irragionevole effetto discriminatorio“.

– il limite massimo e la riduzione dell’ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale (articolo 9, comma 2-bis);

– blocchi riguardanti i meccanismi di adeguamento retributivo, classi e scatti di stipendio, nonché le progressioni di carriera comunque denominate del personale contrattualizzato e in regime di diritto pubblico (articolo 9, comma 21).

Si fa presente che lo schema di regolamento in esame non investe i magistrati, in quanto la Corte costituzionale, con la stessa sentenza 11 ottobre 2012, n.223, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che ne limitavano gli incrementi stipendiali (ossia l’articolo 9, comma 22, del D.L. 78/2010 ). Da ultimo, con il Dpcm 8 marzo 2013 (pubblicato sulla GU del 29 aprile 2013), dando seguito alla sentenza della Corte, gli stipendi dei magistrati (e del personale equiparato) sono stati pertanto “sbloccati”. Le retribuzioni e l’indennità integrativa speciale salgono del 5,41 per cento con decorrenza 1° gennaio 2012, riassorbendo e conguagliando gli acconti del 2010 e 2011. La progressione delle retribuzioni dei magistrati continuerà con decorrenza 1° gennaio 2013 e 1° gennaio 2014, a titolo di acconto sull’adeguamento triennale successivo, dell’1,62% per ciascuno degli anni 2013 e 2014.

L’articolo 1, comma 1, lettera b) dispone la proroga al 31 dicembre 2013, con effetto sull’anno 2014, dei blocchi introdotti dall’articolo 9, comma 23, del D.L. 78/2010, riguardanti il personale docente, educativo ed ATA della scuola.

L’articolo 1, comma 1, lettera c) sterilizza, ai fini contrattuali, gli anni 2013 e 2014 ed annulla gli incrementi contrattuali eventualmente previsti a decorrere dall’anno 2011 per tutte le amministrazioni pubbliche (di cui all’articolo 1, comma 2, della L. 196/2009).

L’articolo 1, comma 1, lettera d), facendo salva l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale negli importi in atto corrisposti ai sensi dell’articolo 9, comma 17, del  D.L. 78/2010, dispone per gli anni 2013 e 2014 (in deroga alle previsioni di cui all’articolo 47 bis, comma 2, del D.Lgs. 165/2001) il blocco degli incrementi di tale indennità, prevendo altresì che la stessa, con riferimento al nuovo triennio contrattuale 2015-2017, venga calcolata, senza riassorbimento dei predetti importi, secondo le modalità e i parametri individuati dai protocolli e dalla normativa vigenti.

L’articolo 47-bis del D.Lgs. 165/2001 (introdotto dall’articolo 59, comma 2, del D.Lgs. 150/2009) ha previsto, in via generale, che l’indennità di vacanza contrattuale nella P.A., corrisposta in caso di ritardo nella stipula dei contratti collettivi di lavoro, sia definita attraverso la legge. La norma, in particolare, ha disposto la tutela retributiva per i dipendenti pubblici, consistente nell’erogazione degli incrementi stipendiali in via provvisoria trascorsi 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il periodo di riferimento, previa delibera dei rispettivi comitati di settore, salvo conguaglio all’atto della stipula dei contratti collettivi nazionali. Allo stesso tempo, è stata prevista l’erogazione di un’anticipazione dei benefici economici disposti dalla contrattazione, a cui si provvede a decorrere dal mese di aprile dell’anno successivo alla scadenza del contratto collettivo nazionale, nel caso in cui quest’ultimo non sia stato rinnovato e non siano state erogate le somme a tutela dei dipendenti indicate in precedenza.

L’articolo 1, comma 2, dispone l’estensione delle norme di cui al comma 1, lettere a), c) e d), in quanto compatibili, al personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale (S.S.N.).

L’articolo 1, comma 3, autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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