Stralcio sanzioni e interessi sui tributi locali impossibile anche in caso di pandemia

24 Luglio 2023
Modifica zoom
100%
Lo stato di emergenza della pandemia da Covid-19, pur rientrando tra i casi di forza maggiore, non è in grado di giustificare un provvedimento dell’ente locale di agevolazione in termini di mancato pagamento delle sanzioni ed interessi sui tributi locali. È quanto confermato dalla Corte dei conti della Campania nella deliberazione n. 230/2023.

La domanda del Sindaco

In ragione delle difficoltà oggettive dei cittadini ed imprese, che hanno subito un rilevante impatto nel periodo emergenziale da pandemia, un Sindaco ha chiesto ai magistrati contabili se “il Comune possa deliberare, in via del tutto eccezionale, il pagamento dilazionato degli importi dovuti dai contribuenti per il periodo di imposta dal 2018 al 2021 a titolo di IMU e TASI con rinuncia a sanzioni e interessi, tenuto conto dello stato di emergenza economica ancora in atto e della possibilità di poter configurare la crisi pandemica da COVID-19 e le sue conseguenze come “causa di forza maggiore” e quindi causa di non punibilità ai sensi dell’art. 6 n. 5 del D.Lgs. n. 472/97.

La risposta negativa

Il Collegio contabile evidenzia come, agli enti locali le disposizioni legislative hanno attribuito una potestà regolamentare in materia di imposta comunale sugli immobili, che prevede lo strumento della rateizzazione con la possibilità di pagare i tributi comunali in rate mensili fino ad un numero massimo stabilito dal regolamento dell’ente. Il periodo di dilazione accordabile è pari ad un massimo di trentasei rate mensili per debiti di importi superiori a euro 6.000,01, numero di rate aumentabili fino ad un massimo di settantadue rate mensili nell’ipotesi del “comprovato peggioramento della situazione” del contribuente. La situazione di difficoltà economica in cui può trovarsi il contribuente è alla base di numerose disposizioni di favore presenti nell’ordinamento (es. il piano di rateizzazione dei debiti, ordinario in 72 rate mensili o straordinario, fino a 120 rate di importo costante per la persona fisica, società o ditta, che versi in uno stato di temporanea situazione di obiettiva difficoltà economica. Il MEF, nella risoluzione n.5 del 08/06/2020 ha avuto modo di precisare che “limitatamente alla quota Comune, nonché alla quota Stato in sede di accertamento, non sembra prospettabile la possibilità da parte del Comune di rinunciare integralmente alle sanzioni, poiché sono coperte dalla riserva di legge come statuito nella richiamata ordinanza del Consiglio di Stato n. 4989 del 2001”.

In materia di forza maggiore, reclamata dal Sindaco per il periodo pandemico, il giudice di legittimità ha avuto modo di precisare che: “costituisce oramai ius receptum, nella giurisprudenza di legittimità, il principio per cui “In materia tributaria e fiscale, la nozione di forza maggiore richiede la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi, dovendo la sussistenza di tali elementi essere oggetto di idonea indagine da parte del giudice, sicché non ricorre in via automatica l’esimente in esame nel caso di mancato pagamento dovuto alla temporanea mancanza di liquidità” (tra le tante: Cass. n. 39548/2021). Inoltre, le “Le difficoltà finanziarie del contribuente non rientrano nella nozione di “forza maggiore”, quale forza esterna che determina la persona, in modo inevitabile, a compiere un atto non voluto ai fini della non applicabilità delle sanzioni […]” (ordinanza Corte di Cassazione, Sez. VI, 35360 dell’1.12.2022).

È stato, infine, rilevata l’indisponibilità del credito tributario” poiché la mancata riscossione del gettito comporterebbe un pregiudizio per gli interessi dell’ente impositore e si porrebbe in contrasto con l’esigenza di assicurare il giusto e congruo riparto dei carichi pubblici da parte della generalità dei contribuenti, sia pure in ragione della capacità contributiva. D’altra parte, la Consulta nella sentenza n. 90 del 2018 ha affermato che i crediti tributari “hanno una marcata connotazione di specialità in ragione dello stretto rapporto di derivazione dal precetto dell’art. 53, primo comma, Cost., secondo cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in proporzione alla loro capacità contributiva. Tali crediti vanno ad alimentare la finanza pubblica perché sia assicurato il prescritto equilibrio di bilancio tra entrate e spese, elevato a vincolo costituzionale dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale). La sostenibilità della finanza pubblica e la stabilità finanziaria costituiscono altresì vincoli europei a seguito del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012. Da tale vincolo deriva un’esigenza superiore di regolare l’adempimento delle obbligazioni tributarie, sul quale deve poter fare affidamento l’amministrazione finanziaria al fine di conseguire l’equilibrio di bilancio e rispettare i parametri europei del debito pubblico”.

In modo non diverso sulla questione si è espressa anche la Sezione delle Autonomie (deliberazione n.2/2020) secondo cui “La materia tributaria, come sancito dall’art. 23 della Costituzione, è coperta da riserva di legge, da intendersi come riserva “relativa”, nel senso che opera per le norme impositive in senso stretto (quelle che regolano l’an e il quantum della prestazione), potendo la legge ordinaria assegnare a fonti di rango inferiore l’integrazione di aspetti secondari della disciplina. Al pari delle norme impositive, anche le norme di agevolazione tributaria sono sottoposte alla riserva relativa di legge di cui all’art. 23 Cost., in quanto realizzano un’integrazione degli elementi essenziali del tributo (Corte Cost. sent. n. 123 del 2010). Ne consegue che i profili fondamentali della disciplina agevolativa devono essere regolati direttamente dalla fonte primaria […]. La necessaria previsione dell’obbligazione tributaria in disposizioni imperative di legge, vincolanti sia per i soggetti passivi del tributo che per l’ente impositore, comporta l’obbligo, da parte di quest’ultimo, di esercitare i poteri conferitigli senza alcun potere discrezionale. Pertanto, lo Stato e gli altri enti pubblici che operano quali enti impositori non hanno facoltà di rinunciare a tributi o di accordare ai singoli esenzioni o agevolazioni non previste dalla legge”.
In conclusione, secondo il Collegio contabile, la risposta alla richiesta del Sindaco non può che essere negativa, non potendo l’ente locale rinunciare alle sanzioni e interessi tributari.

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento