TARI: aggiornamento linee guida ministeriali per i fabbisogni standard 2024

18 Gennaio 2024
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Il 12 gennaio 2024 il Dipartimento delle Finanze ha pubblicato le “Linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653 dell’art. 1 della Legge n. 147 del 2013 e relativo utilizzo in base alla Delibera ARERA 3 agosto 2021, n. 363 e successive integrazioni e modificazioni”, per consentire ai Comuni di prendere cognizione delle risultanze dei fabbisogni standard del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti.

Si tratta del nuovo sistema di determinazione dei costi del servizio rifiuti previsto dal citato comma 653 il quale stabilisce che “a partire dal 2018, nella determinazione dei costi di cui al comma 654, il comune deve avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard”. Parametro che ha assunto un valore di riferimento obbligatorio per il metodo tariffario, in virtù della delibera Arera n. 443/2019 e successive modifiche, tra cui la delibera n. 363/2021 (MTR-2) per il periodo 2022-2025 e la delibera n. 389/2023 per il biennio 2024-25. Il metodo tariffario per il secondo periodo di regolazione (2022-2025) prevede l’uso del fabbisogno standard come benchmark di riferimento per il costo unitario effettivo del servizio di gestione dei rifiuti urbani, in particolare per la determinazione del coefficiente di recupero di produttività, nonché per le valutazioni relative al superamento del limite alla crescita annuale delle entrate tariffarie per assicurare il raggiungimento dei previsti miglioramenti di qualità ovvero per sostenere il processo di integrazione delle attività gestite.

Viene confermata la prassi interpretativa ministeriale, chiarendo che il fabbisogno standard finale di ogni comune è il risultato del prodotto di due grandezze: il costo standard di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti; le tonnellate di rifiuti urbani gestite dal servizio.

In particolare, si fa riferimento al «costo standard» di gestione di una tonnellata di rifiuti, pari a 130,45 euro, a cui bisogna aggiungere i differenziali di costo relativi a diverse componenti: percentuale raccolta differenziata, distanza tra comune e impianti, numero e tipologia degli impianti regionali, percentuale di rifiuti urbani trattati e smaltiti negli impianti regionali, forma di gestione del servizio rifiuti, i fattori di contesto del comune, le modalità di raccolta dei rifiuti, eccetera.

Per l’applicazione del comma 653 della legge 147 del 2013, i valori relativi alla percentuale di raccolta differenziata, alla distanza dagli impianti, alla forma di gestione del servizio e alle modalità di raccolta, sono da calcolarsi in relazione alle caratteristiche del servizio attive per il quadriennio 2022-2025, periodo di riferimento del piano finanziario.

Diversamente, per utilizzare il fabbisogno standard come benchmark di riferimento per il costo unitario effettivo del servizio di gestione dei rifiuti urbani, per ottemperare a quanto richiesto dalle delibere 363/2021 e 389/2023 di Arera, le variabili vanno calcolate con riferimento alle annualità 2022 e 2023 (ovvero due annualità precedenti quella di riferimento del Pef).
Gli aggiornamenti ministeriali del 12/1/2024 sono riferiti a dati relativi ai fabbisogni standard elaborati nel corso del 2023 e approvati dalla Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS) in data 23/10/2023.

In particolare, negli allegati vengono riportate le informazioni aggiornate relative agli impianti regionali di trattamento e smaltimento rifiuti (tabella 1), con n. 268 impianti di compostaggio, n. 144 impianti di trattamento meccanico biologico, n. 44 impianti di incenerimento e n. 92 discariche. Viene anche aggiornata la tabella 2 riguardante la percentuale dei rifiuti urbani trattati e smaltiti negli impianti regionali. In particolare, la percentuale dei rifiuti urbani trattati negli impianti regionali di compostaggio si assesta sul 25,10%, mentre la percentuale di rifiuti conferiti in discarica è pari al 18,29%.

Si precisa che le risultanze dei fabbisogni standard sono disponibili solo per le regioni a statuto ordinario, per cui la norma recata dal comma 653 non è applicabile nei confronti dei comuni delle regioni a statuto speciale.

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