Ipotizzando l’applicazione dell’aliquota base all’uno per mille, secondo una simulazione dell’Ufficio studi della Cgia, la Tasi “colpirà” soprattutto i proprietari di immobili in Lombardia, Lazio e Veneto. I primi saranno chiamati a versare 660 milioni, i secondi 480 milioni e i terzi 354 milioni di euro. Complessivamente nelle casse dei Comuni dovrebbero arrivare poco più di 3,8 miliardi di euro.
“Questa stima – segnala il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – è molto prudenziale, in virtù del fatto che i sindaci avranno la possibilità di aumentare ulteriormente l’aliquota. Pertanto, è molto probabile che alla fine il gettito complessivo sarà superiore a quanto da noi preventivato”. Le Regioni, invece, dove la Tasi peserà di meno sono la Basilicata (23 milioni di euro), il Molise (17 milioni di euro) e la Valle d’Aosta (14 milioni di euro). Se sulle prime abitazioni la Tasi, di fatto, sostituirà l’Imu, sulle seconde/terze case e sulle costruzioni ad uso produttivo, il tributo sui servizi indivisibili andrà ad aggiungersi all’Imu. Pertanto, è certo che su queste tipologie immobiliari il carico fiscale è destinato ad aumentare. “La nostra preoccupazione – prosegue Bortolussi – è rivolta soprattutto agli effetti che l’Imu e la Tasi avranno sui capannoni. Ricordo che, su queste tipologie di immobili, viene attribuito allo Stato il gettito calcolato con l’aliquota base del 7,6 per mille, mentre solo la parte eccedente questa soglia, fino al livello massimo del 10,6 per mille, finisce nelle casse dei Comuni. L’aliquota media Imu applicata sui capannoni è stata del 9,33 per mille”. La Cgia solleva un altro grave problema: “dopo sei anni di crisi – conclude Bortolussi – molti imprenditori hanno chiuso e sono sommersi dai debiti. Nella stragrande maggioranza dei casi non sono riusciti né ad affittare né a vendere il capannone. Come faranno a pagare l’Imu su un immobile che non genera nessun reddito? Forse è giunto il momento che la politica intervenga ed esoneri il pagamento per i proprietari che si trovano in questa situazione”.
Tutti “i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto” sono esenti dal pagamento della Tasi. E’ quanto si legge nel testo definitivo del dl Salva Roma approvato venerdì dal Cdm. Dall’imposta sono esenti, come previsto, anche gli immobili di proprietà della Santa Sede indicati nel Trattato lateranense.
di Francesco Carbone
Arriva una sorta di ‘clausola di salvaguardia’: la Tasi non dovrà pesare più dell’Imu 2013: quindi ok alle detrazioni per la nuova tassa sui servizi indivisibili. E ok anche alle esenzioni come aggiornate nel 2013. Cioè non dovranno pagare nè gli immobili adibiti al culto (nelle parti ‘non commerciali’) nè le onlus. L’orientamento non appare nelle bozze del decreto sugli enti locali (la terza versione del Salva-Roma) approvato venerdì dal Cdm ma sono nella versione definitiva approdata in Gazzetta Ufficiale. Quindi nero su bianco c’è che certamente 25 immobili della chiesa a Roma, quelli previsti dai patti Lateranensi, saranno del tutto esentati. La partita è non di poco conto se si pensa a tutte le detrazioni ed esenzioni previste nel caso dell’Imu: non dovevano infatti pagare i possessori di abitazione principale e relative pertinenze (nel 2013 le due rate furono cancellate con due distinti decreti), gli alloggi assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (Iacp), dalle Aziende territoriali per l’edilizia residenziale (Ater) o da altro ente di edilizia residenziale pubblica avente le stesse finalità degli Iacp; gli immobili delle cooperative edilizie immobili delle cooperative edilizie, i terreni agricoli, i fabbricati rurali. Ma anche Forze armate, di polizia, vigili del fuoco e carriera prefettizia ma anche gli immobili dati in comodato d’uso gratuito dai genitori ai figli; parti degli edifici adibiti al culto e onlus (cioè immobili destinati esclusivamente allo svolgimento di attività previdenziali, assistenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali ricreative e sportive). L’elenco è dunque lungo ma dovrebbe essere confermato per la nuova imposizione immobiliare. Saranno comunque i Comuni a decidere il livello dell’aliquota e l’eventuale aumento dello 0,8 per mille complessivo che potrebbe arrivare sulla prima o sulle altre case o divisa tra le due tipologie. I Comuni potranno infatti procede all’aumento fino allo 0,8 per mille della Tasi ma ”purché siano finanziate, relativamente alle abitazioni principali e alle unità ad esse equiparate detrazioni o altre misure”, con effetti equivalenti a quelli sull’Imu. Sarà sempre il comune a stabilire le scadenze di pagamento della Tari e della Tasi, prevedendo di norma almeno due rate a scadenza semestrale e in modo anche differenziato con riferimento alla Tari e alla Tasi. Sarà comunque consentito il pagamento in unica soluzione entro il 16 giugno di ciascun anno. Infine per quanto riguarda le imprese che smaltiscono i rifiuti speciali assimilati agli urbani si prevede che saranno esentate dalla Tari, la componente rifiuti della nuova tassa. Prima invece erano previsti solo degli sconti per i produttori di questi rifiuti. Di fatto poichè la tassa deve coprire l’intero costo del servizio questo potrebbe comportare aggravi per le altre tipologie di contribuenti, cioè per i cittadini
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