Le amministrazioni locali possono applicare Tarsu, Tia1 e Tia2 anche per il 2013 e determinare i costi del servizio e le tariffe in base ai criteri previsti e utilizzati nel 2012, fermo restando che va versata la maggiorazione allo stato. Possono anche derogare per la Tarsu all’obbligo di copertura integrale dei costi del servizio, che invece è già imposto per Tia1 e Tia2. Inoltre, i contribuenti sono tutelati in caso di errori commessi nei versamenti. Infatti, se i pagamenti sono inferiori al dovuto non possono essere sanzionati, qualora i comuni non abbiano inviato i modelli precompilati. Lo prevede l’articolo 5 del dl 102/2013 convertito nella legge 124/2013.
Le scelte comunali. Gli enti locali, dunque, hanno facoltà di applicare non solo la Tarsu per l’anno in corso, come si evince in maniera più chiara dal testo dell’articolo 5, ma anche Tia1 e Tia2. Entro il termine per l’approvazione del bilancio di previsione (30 novembre) è consentito fare questa scelta. Fermo restando, però, che i contribuenti sono tenuti a pagare la maggiorazione allo stato. Com’è noto, l’articolo 10 del dl 35/2013 ha stabilito che la maggiorazione va pagata contestualmente all’ultima rata del tributo, nella misura fissa di 30 centesimi al metro quadrato, e viene incassata dallo stato.
A prescindere dalle opzioni di cui si può avvalere l’amministrazione comunale, oltre al tributo sui rifiuti i contribuenti sono tenuti a sborsare un’ulteriore somma a titolo di maggiorazione per i servizi indivisibili, rapportata alle dimensioni dell’immobile posseduto o occupato. In deroga a quanto stabilito dall’articolo 14, comma 46, del dl 201/2011, convertito nella legge 214/2011, il comune può determinare i costi del servizio e le relative tariffe sulla base dei criteri previsti e applicati nel 2012. L’articolo 5 resuscita le vecchie discipline abrogate, derogando per il 2013 a quanto previsto dall’articolo 14 del dl «salva Italia», che ha istituito la Tares. In effetti, quest’ultima disposizione aveva abrogato tutti i tributi sui rifiuti vigenti, compresa l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza (ex Eca).
Non ha invece subito modifiche il tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell’ambiente, dovuto nella percentuale deliberata dalla provincia sull’importo della tassa, esclusa la maggiorazione. Che sia possibile il ritorno alla gestione di Tarsu, opzione che interessa più di 6.000 comuni, trova conferma nell’ulteriore previsione contenuta nell’ultimo periodo del comma 4-quater. Non a caso viene specificato che qualora il comune scelga di applicare la Tarsu, è consentito raggiungere lo stesso livello di copertura dei costi del servizio dell’anno precedente (per evitare eccessivi aumenti delle tariffe in un momento di difficoltà economiche), facendo ricadere il peso delle mancate entrate sull’intera platea dei contribuenti. Quindi, qualora il gettito non copra tutte le spese, gli enti possono fare ricorso a risorse diverse dai proventi della Tarsu, derivanti dalla fiscalità generale.
Versamenti e sanzioni tributarie. La nuova disposizione prevede che ai contribuenti non può essere irrogata la sanzione del 30% per insufficiente versamento nel caso in cui il comune non abbia inviato i bollettini di pagamento precompilati in base alle nuove disposizioni regolamentari e tariffarie. In realtà, questa norma genera solo confusione. Premesso che l’invio dei bollettini precompilati è una libera scelta del comune, costituisce invece un obbligo la notifica della richiesta di pagamento. Anche se l’ente non spedisce i bollettini, è comunque tenuto a formalizzare negli avvisi di pagamento il quantum dovuto a titolo di tassa, maggiorazione e tributo provinciale. Non si capisce quale sia l’alternativa all’invio delle richieste di pagamento, visto che il tributo non può essere pagato in autoliquidazione, ma deve essere determinato dal comune. Una volta comunicato l’importo da pagare non ha senso escludere la contestazione della sanzione per insufficiente versamento, atteso che la somma dovuta deve essere specificamente indicata nell’avviso di pagamento.
Il bollettino o l’F24 possono essere compilati dal contribuente, sulla base del quantum del tributo determinato dall’amministrazione. In questo caso non si vede quale possa essere l’incertezza oggettiva che induce in errore il contribuente e che giustifica la disapplicazione della sanzione. Scadenze e numero delle rate di versamento sono stabilite dal comune con deliberazione adottata, anche nelle more della regolamentazione comunale del tributo, e pubblicata sul proprio sito web almeno 30 giorni prima della data fissata per il pagamento. I comuni inviano ai contribuenti i modelli di pagamento precompilati e indicano le modalità di versamento.
Peraltro, è stato chiarito in una risposta a un’interrogazione parlamentare del 13 novembre scorso, durante un question time in commissione finanze, che la Tarsu, come la Tares, può essere pagata con il modello F24 anche se i comuni non sono convenzionati con l’Agenzia delle entrate. A patto, però, che utilizzino i codici tributo istituiti per la Tares con le risoluzioni nn. 37 e 42 emanate, rispettivamente, il 27 maggio e il 28 giugno 2013.
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