Transazione su contenzioso tributario sottoscritta dal responsabile finanziario e divieto di patto di quota lite (prima parte)

30 Agosto 2021
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Il caso oggetto di intervento dei magistrati contabili ha riguardato sia una transazione tributaria condotta da un ente, sia l’affidamento ad un legale esterno nella definizione della controversia tributaria e nella successiva negoziazione degli importi tributari utilizzando la conciliazione giudiziale, i cui importi sono stati stabiliti in percentuale dei valori accertati. La Corte dei conti del Molise (deliberazione n.72/2021) ha esaminato sia la possibilità da parte dell’ente di procedere alla transazione sia la legittimità della convenzione stipulata dall’ente nell’affidamento dell’incarico al legale esterno.

La vicenda

La Giunta comunale di un comune molisano ha proceduto all’approvazione di un atto di indirizzo avente ad oggetto un’attività di accertamento ICI/IMU/TASI relativa alle piattaforme petrolifere insistenti nel tratto marino antistante il litorale cittadino avvalendosi dell’operato professionale del difensore indicato nell’atto e, contestualmente, ha approvato lo schema di convenzione disciplinante le prestazioni richieste con l’incarico, che riconosceva una percentuale del 20% – oltre accessori – sugli importi riscossi oltre a un ulteriore 10% sugli eventuali introiti superiori a euro 100.000,00. La convenzione è stata sottoscritta dal Responsabile dell’ufficio finanziario.

A seguito della consulenza l‘ente ha proceduto a notificare gli accertamenti tributari alle società di gestione delle piattaforme petrolifere per un importo complessivo di quasi 24 milioni di euro, importo che veniva confermato dalla Commissione Tributaria Provinciale in linea capitale con esclusione delle sanzioni.

Le società procedevano a notificare al Comune l’appello alla Commissione Tributaria Regionale della sentenza che li ha visti soccombenti in primo grado. Il Comune ha resistito al ricorso conferendo incarico al medesimo difensore, mentre le società hanno formalizzato una “proposta di definizione concordata tributaria relativa alla chiusura di tutte le pretese avanzate nel corso degli anni dai 4 comuni rivieraschi”.

Il Comune, unitamente agli altri tre comuni, acquisito il parere favorevole del difensore incaricato, nonché di un professionista esperto (cui era stato conferito un incarico di supporto al servizio finanziario del Comune ai sensi dell’art. 110, comma 6, del D.Lgs. n. 267/2000), ha valutato positivamente la proposta pervenuta, avente ad oggetto la corresponsione in favore del Comune della somma complessiva di circa 6 milioni di euro. La definizione concordata tributaria, stipulata dal Comune, è stata giuridicamente inquadrata, anche dal consulente dell’Ente nel citato parere, come fattispecie di conciliazione giudiziale ex articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. Pertanto, a seguito della stipula dell’accordo, il cui schema è stato approvato dalla deliberazione di Giunta, al Comune nel 2021 sarebbero stati complessivamente versati i circa 6 milioni di euro previsti, comprensivi di interessi.

Infine, il compenso spettante al legale incaricato, è stato quantificato in 1,3 milioni di euro oltre IVA e CPA.

La definizione di controversie in conciliazione giudiziale

Il Collegio contabile ha constatato che, prima della citata conciliazione, il Comune ha scelto prudenzialmente di non provvedere all’iscrizione nel 2018 delle somme oggetto di notifica, sebbene le modalità di contabilizzazione delle entrate a titolo di ICI/IMU o TASI non si estendano ai valori oggetto dell’attività di accertamento.

In via principale i giudici contabili hanno riscontrato come, la transazione effettuata dall’ente locale sia pari al solo 25% degli importi dovuti, suggellati anche dalla sentenza di primo grado della Commissione Tributaria.

Sul punto non può non essere rilevato come, in materia tributaria, esista un principio di assoluta indisponibilità della pretesa, che trova fondamento in numerosi principi costituzionali: riserva di legge ex articolo 23 Cost. (che demanda esclusivamente al legislatore il compito di indicare i criteri per la determinazione del contenuto dell’obbligazione tributaria); capacità contributiva di cui all’articolo 53, comma 1, Cost. (da cui si trae l’obbligo di assicurare l’eguaglianza dei cittadini in sede di riparto del carico impositivo); imparzialità della pubblica Amministrazione ex art. 97 Cost. Tuttavia, esistono orientamenti contrastanti nella giurisprudenza di legittimità, in ordine alla natura – negoziale o meno – dell’istituto della “conciliazione giudiziale”, richiamato nella fattispecie dal Comune. La facoltà di definizione concordata della lite, disciplinata dagli articoli 48 e segg. del D.Lgs. 546/1992, secondo un diffuso orientamento costituirebbe appunto una deroga al principio della cosiddetta indisponibilità del credito tributario e – atteso l’ampio tenore letterale delle norme – troverebbe applicazione in assenza di particolari limiti relativamente alla tipologia delle controversie conciliabili.

In ragione delle somme ricevute dall’accordo, rispetto a quelle stabilite nella sentenza di primo grado, non può non rilevarsi che, con riferimento al potere di conciliazione degli enti o uffici impositori, la facoltà di conciliare le controversie riservate alla competenza delle Commissioni tributarie non esclude la necessaria osservanza dei principi di prudente valutazione circa la convenienza della definizione amichevole delle liti, secondo i principi di efficacia ed economicità dell’attività amministrativa.

Inoltre, avuto riguardo alle sanzioni, espunte completamente dall’accordo, avrebbe dovuto essere oggetto di particolare attenzione, in quanto da un lato, le disposizioni legislative prevedono che “Le sanzioni amministrative si applicano nella misura del […] cinquanta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento nel corso del secondo grado di giudizio.” (Art. 48-ter del D.Lgs. 546/1992) e, dall’altro lato, che esiste un orientamento giurisprudenziale secondo cui “la materia delle sanzioni applicabili alla controversia conciliata è del tutto sottratta alla disponibilità delle parti” (Cass. civ., Sez. V, sent. 18 aprile 2007, n. 9223).

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