Utilizzo avanzo vincolato/accantonato per enti in disavanzo. Interpretazione restrittiva dei giudici contabili

18 Febbraio 2019
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La maggioranza degli enti, a seguito del riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi, si sono trovati a dover ripartire il disavanzo generato dall’adeguamento ai nuovi principi della contabilità armonizzata, ovvero dalla generazione di un disavanzo tecnico per aver reimputato contabilmente le obbligazioni sulla base della loro esigibilità nel tempo. Secondo i giudici contabili, la possibilità da parte degli enti locali di poter applicare l’avanzo vincolato/accantonato doveva essere considerato inibito agli enti che si trovavano in una situazione di disavanzo, dovendo l’ente in prima battuta reperire le risorse necessarie a ripianare il citato disavanzo, e solo successivamente vi era la possibilità di applicare le risorse accantonate o vincolate. In altri termini, nel caso di risultato di amministrazione negativo l’Ente dovrà, anziché applicare direttamente le quote vincolate o accantonate del risultato di amministrazione, reperire ex novo le risorse necessarie a sostenere le spese cui erano originariamente destinate le entrate vincolate/accantonate nel risultato di amministrazione e nel successivo bilancio preventivo occorrerà trovare le risorse necessarie a finanziare le connesse spese, altrimenti prive di copertura effettiva. Pertanto, secondo la magistratura contabile, in mancanza di una disciplina espressa di legge, occorre rifarsi al precetto dell’equilibrio e alla clausola generale della copertura economica e finanziaria delle spese (art. 81 e 97 Cost.).

Le disposizioni della legge di bilancio

Proprio a fronte di tale mancata copertura legislativa è intervenuta una specifica norma nella legge di bilancio 2019, ed in particolare i commi 897-898 dell’art. 1 secondo i quali:

  • Comma 897. Ferma restando la necessità di reperire le risorse necessarie a sostenere le spese alle quali erano originariamente finalizzate le entrate vincolate e accantonate, l’applicazione al bilancio di previsione della quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione è comunque consentita, agli enti soggetti al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, per un importo non superiore a quello di cui alla lettera A) del prospetto riguardante il risultato di amministrazione al 31 dicembre dell’esercizio precedente, al netto della quota minima obbligatoria accantonata nel risultato di amministrazione per il fondo crediti di dubbia esigibilità e del fondo anticipazione di liquidità, incrementato dell’importo del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione. [….];
  • Comma 898. Nel caso in cui l’importo della lettera A) del prospetto di cui al comma 897 risulti negativo o inferiore alla quota minima obbligatoria accantonata nel risultato di amministrazione per il fondo crediti di dubbia esigibilità e al fondo anticipazione di liquidità, gli enti possono applicare al bilancio di previsione la quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione per un importo non superiore a quello del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione.

L’interpretazione della normativa

In occasione della verifica dei conti di alcuni enti locali, la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Toscana (deliberazione 13 febbraio 2019 n. 52), effettua una prima lettura di tale nuova normativa, secondo la quale la soluzione individuata dal legislatore sia molto simile a quella a cui autonomamente la Sezione era arrivata in via interpretativa, in base ai principi contabili e al Tuel, con la differenza che il legislatore ha optato per una soluzione più rigida, indicando esattamente il metodo di calcolo per giungere alla determinazione dell’importo che è possibile applicare al bilancio.

In considerazione delle criticità rilevate nell’esame dei conti consuntivi, evidenzia il Collegio contabile che laddove l’ente avesse dovuto applicare l’attuale normativa all’esercizio 2016, poiché il fondo crediti di dubbia esigibilità al termine dell’esercizio 2015 era superiore al saldo formale dell’esercizio stesso, l’applicazione delle quote vincolate del risultato di amministrazione non avrebbe potuto essere superiore alla quota del disavanzo che l’ente ha iscritto nel bilancio 2016.

In altri termini, partendo dal risultato di amministrazione ottenuto nella riga A) (ossia prima degli accantonamenti, dei vincoli, delle quote destinate e di quelle vincolate) di cui all’allegato 10 del conto consuntivo dell’anno precedente, l’ente dovrà sicuramente sottrarre dal risultato di amministrazione l’incremento ottenuto a causa della contabilizzazione del Fondo anticipazione di liquidità (d.l. 35/2013 e seguenti) la quale genera un avanzo pari e corrispondente al valore rinviato agli esercizi successivi ed iscritto nelle quote accantonate, neutralizzandone l’effetto. A tal valore la disposizione della legge di bilancio 2019 aggiunge una ulteriore quota da sottrarre corrispondente alla “quota minima obbligatoria accantonata nel risultato di amministrazione per il fondo crediti di dubbia esigibilità”.

Ora secondo i giudici contabili toscani, tale quota dovrebbe corrispondere al valore totale che è accantonato al Fondo crediti di dubbia esigibilità e non la sola quota accantonata nell’esercizio di riferimento, riportando in altri termini al valore che in generale ha generato il disavanzo da riaccertamento straordinario dei residui (primo accantonamento al FCDE ottenuto nel passaggio alla contabilità armonizzata).

Se tale soluzione dovesse essere quella effettiva, allora il comma 897 potrebbe interessare pochissimi enti, mentre la maggioranza potranno utilizzare esclusivamente il valore iscritto nel bilancio di previsione successivo, nel limite della quota annuale di ripartizione del disavanzo da riaccertamento la cui durata massima è stata prevista fino ad massimo di 30 anni.

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