Partecipate con bonus dismissioni
Fonte: Il Sole 24 Ore
<p>Nel cantiere della legge di stabilità trovano spazio anche gli incentivi per le dismissioni e le quotazioni delle società partecipate.</p>
<p>Sui tavoli della manovra si sta infatti lavorando per tradurre in norme gli spunti del piano Cottarelli, che dopo il fallimento della cura a suon di obblighi di vendita ha indicato la via dei “premi” per chi dismette quote oppure dà vita ad aggregazioni per creare realtà più grandi di quelle attuali. Le regole in elaborazione riprendono e ampliano il pacchetto comparso nelle prime versioni del decreto “Sblocca Italia”, e poi uscito dal testo definitivo, ma gli aggiornamenti sono parecchi.</p>
<p>Il tema chiave è proprio quello degli incentivi. L’idea delle prime bozze è di escludere dai vincoli del Patto di stabilità le spese in conto capitale finanziate dalla dismissione totale o parziale (anche per quotazione) di società attive nei servizi pubblici locali a rilevanza economica, purché queste spese non servano ad acquisire altre partecipazioni. Molto, però, dipende dalla riforma più complessiva del Patto di stabilità. La manovra dovrebbe avviare il “superamento” del Patto tradizionale, grazie all’avvio della riforma della contabilità e al l’anticipo almeno parziale degli obblighi di pareggio del bilancio (si veda Il Sole 24 Ore del 3 ottobre). Le ipotesi per ora parlano della “liberazione” di un miliardo di euro per gli investimenti, ma l’obiettivo è di mandare in pensione il Patto attuale nel giro di un paio d’anni. In quest’ottica, quindi, potrebbe essere più efficace trovare qualche forma di esclusione dei proventi dai saldi costituzionali o dai vincoli dell’armonizzazione, invece che da un Patto in via di estinzione.</p>
<p>Resta da capire, però, quali spazi ci possano essere per introdurre deroghe a una riforma, quella del pareggio di bilancio, che deve ancora partire. Per far partire davvero alleanze e fusioni, inoltre, potrebbe rivelarsi importante intervenire anche sul piano fiscale, per evitare di penalizzare sul piano impositivo operazioni nate con l’obiettivo di migliorare l’efficienza del sistema e dare anche una mano alla finanza pubblica. Il terreno più delicato, da questo punto di vista, è quello dell’Iva, e delle possibili obiezioni europee a regole che possano sforare nell’aiuto di Stato.</p>
<p>L’altro versante di intervento a cui lavorano i tecnici in vista della legge di stabilità è quello del l’aggregazione di gestioni e affidamenti. Al riguardo, si punta su un nuovo rafforzamento degli Ambiti ottimali, previsti ormai da tre anni e mezzo (li disciplina l’articolo 3-bis del Dl 138/2011) ma ancora non decollati. Per rilanciarli si prova a rinforzare l’articolo 3-bis fissando un nuovo termine di 60 giorni per l’adesione da parte degli enti, dopo di che scatterebbe una diffida ad adempiere in altri 30 giorni e poi il potere sostitutivo da parte della Regione. Gli Ato potrebbero inoltre avere un accesso preferenziale ai fondi europei per progetti infrastrutturali. Un ultimo fronte è quello della lotta agli affidamenti diretti, che potrebbe tradursi in un nuovo obbligo di accantonamento di risorse da parte degli enti locali: in pratica, si tratterebbe di creare un fondo per una somma pari all’impegno finanziario corrispondente al capitale proprio previsto per il triennio.</p>
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